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Semi e salvezza(e)

Il filosofo, prima degli psicologi, dei preti e dei medici, fu uno studioso che mirava alla salvezza dell’individuo suo allievo, non una salvezza in senso prettamente religioso, difatti le filosofie greche e non solo, postulando quasi innumerevoli destini dell’anima dopo la morte fino al suo estremo cioè la non esistenza, hanno ammesso tutte insieme di saperne troppo poco per trovarne una soluzione. Piuttosto, la filosofia mira ad una salvezza estremamente attuale e concreta, di cosa è fatto un essere vivente e l’uomo in particolare? Anche un ateo, ammetterebbe la presenza di un corpo nonché di un pensiero, l’origine di questo pensiero è poi oggetto di dibattito. Cosa vuol salvare un filosofo? Entrambe le parti, o più parti se ne riconosce ulteriori! Se anche l’obiettivo fosse solo il pensiero, solo una costruzione mentale, non si potrebbe esplicare nel mondo senza una voce che funziona, o delle dita che possano scrivere.

A tal proposito vorrei proporre alcuni brani tratti da uno dei miei autori preferiti, Giuliano Imperatore, il “tremendo” apostata che cercò di restaurare la civiltà ellenistico\romana che crollava sotto i colpi anche di un dilagante cristianesimo.

“Alla madre degli Dei”

cap.14 “…forse che nutrirsi di semi – ciò che è più importante – non ha il vantaggio di non far male a nessuno, mentre l’uso di carni implica sacrifici e strangolamenti di animali, che naturalmente soffrono e sono tormentati?”

cap.16 “…la Dea, generatrice di vita e provvidenziale, non permette di far uso di quanto si immerge nella terra, neppure come nutrimento dei corpi, esortandoci a guardare il cielo, ed ancora più in là. Alcuni usano un solo seme, i baccelli, poiché lo considerano un legume più che un seme, in quanto per natura cresce in un certo senso all’insù e diritto… … Per questo a noi è proibito nutrirci dei semi delle piante, ma ci è consentito usare frutti e verdure, non però quelli che tendono verso la terra, ma di quelli che dalla terra si elevano in alto, nell’aria…”

cap.18 “…La legge divina non consente tutto a tutti ma, in considerazione della possibilità della natura umana, ci permette di usarne il maggior numero, non perché tutti di necessità dobbiamo servirci di ognuno – cosa che certo non sarebbe facile -, ma perché, appunto, dobbiamo usare in primo luogo ciò che ci consente la nostra forza fisica, poi quello di cui ci sia una certa abbondanza, e, in terzo luogo, ciò che sceglie la nostra volontà

Cosa significano queste parole? La filosofia, quella vera, era una scienza dell’uomo, il sapere era una visione complessiva dell’uomo e delle sue necessità, a maggior ragione in un’epoca in cui le proteine, i grassi e le vitamine erano del tutto sconosciute, eppure senza bisogno di un’analisi biochimica i principi qui enunciati sono ancora validi, ancora attuali e forse in forme meno pregiate da un punto di vista letterario li hai trovati scritti in testi di macrobiotica o più in generale di cucina salutistica ed “anti cancro”, ciò che Giuliano e la sua epoca sapevano però era solamente che il calore del Sole è immagine della consapevolezza e quindi anche della salute, mentre il freddo e l’umido della terra è ignoranza ovvero malattia ed il cibo è, sempre, un’immagine di noi stessi e contribuisce a plasmarla.